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La lingua piemontese
La lingua piemontese è una lingua indoeuropea gallo-romanza appartenente al blocco occidentale delle lingue neolatine ed ha ricevuto nei secoli consistenti apporti lessicali dal francese, dal provenzale e dalle lingue germaniche. Come comprovato dai più eminenti specialisti di linguistica (v. La lingua piemontese),
il piemontese e l'italiano sono due lingue diverse.
DIFFERENZE FONETICHE, MORFOLOGICHE E SINTATTICHE
Fra piemontese e italiano sono molte e importanti. Alcune fra le più significative:
a) La -s finale latina si conserva nella 2a persona singolare del verbo:
• nel presente indicativo degli ausiliari e irregolari: it l'has (fr. tu as, it. tu hai); it vas (fr. tu vas, it. tu vai)
• nel futuro di tutti i verbi: it faras (fr. tu feras, it. tu farai), it parlëras (fr. tu parleras, it. tu parlerai)
• nella forma interrogativa (ogni modo e tempo) con pronome: it càntës-to? (fr. chantes-tu?, it. canti?)
• è ammesso con tutti i verbi in forma affermativa (ogni modo e tempo): it j’ere(s) (fr. tu étais, it. tu eri)
b) Le occlusive sorde intervocaliche c, p, t diventano dolci o cadono:
aprilem (aprile) > avril; rotam (ruota) > roa, focum (fuoco) > feu etc.
c) Il gruppo di occlusive latine ct diventa it come in francese, non come in italiano:
factum > fàit (fr. fait, it. fatto); lactem > làit (fr. lait, it. latte); noctem > neuit (fr. nuit, it. notte)
d) La frequente vocalizzazione della l, analogamente al francese: calidum > càud (fr. chaud, it. caldo)
e) Le sillabe latine ce, ci, ge, gi, diventano sibilanti:
cinere > sënner (fr. cendre, it. cenere); centum > sent (fr. cent, it. cento)
f) La negazione piemontese (nen o pa), contrariamente all'italiano, viene sempre dopo il verbo o l’ausiliare:
i l’hai nen mangià / i l’hai pa mangià (fr. je n’ai pas mangé, it. non ho mangiato)
pàrlës-to nen? (fr. ne parles-tu pas? it. non parli?)
g) A differenza delle altre lingue romanze, i complementi clitici nei tempi composti si pospongono al verbo:
a l’ha dijlo (fr. il le lui a dit, it. glielo ha detto); a l’ha catalo (fr. il l’a acheté, it. lo ha comperato)
h) È obbligatoria la presenza dei clitici soggetto (i, it, a, i, i, a), particolarità che allontana il piemontese dagli altri idiomi romanzi:ti it ses (fr. tu es, it. tu sei); a l'ha dimlo (fr. il me l’a dit, it. me lo ha detto)
i) Si usa spesso la ë prostetica (inesistente in italiano) dinanzi alle parole che iniziano con s impura o gruppi consonantici difficili, se la parola precedente termina con consonante:
sinch ëstèile (fr. cinq étoiles, it. cinque stelle); i son ëstàit (fr. j’ai été, it. sono stato)
j) Ha un'originale forma interrogativa che fa seguire al verbo speciali pronomi:
i sai-ne ? (so?); it sas-to ? (sai?); a sa-lo ? (sa?)
i savom-ne ? (sappiamo?); i seve ? (sapete?); a san-ne ? (sanno?).
còs it fas-to ? (cosa fai?); còs i l'hai-ne fàit ? (cosa ho fatto?); còs it l'has-to fàit ? (cosa hai fatto?);
pàrlës-to nen ? (non parli?); it ses-to nen andàit ? (non sei andato?)
k) La u tonica latina si trasforma nella u francese. Trasformazione analoga nelle altre parlate padane ma con diffusione diversa in dipendenza del sostrato celtico soggiacente.
l) Alcune peculiarità del piemontese lo rendono di difficile pronuncia per gli italiani:
la n faucale (grafia: n-, suono come nell’italiano ‘angolo’): cun-a (it. culla), lun-es (it. lunedì);
il dittongo eu e la vocale u hanno lo stesso suono del francese, che non esiste in italiano;
in piemontese non esiste il suono italiano della z (come in zaino).
m) La preposizione articolata 'nel' seguita dalla data o dall’epoca, si sostituisce con dël:
nel 1783 = dël 1783; nel 2002 = dël 2002.
n) Nella proposizione comparativa, per esprimere il secondo termine di paragone si usa 'che':
cost lìber a l’é pì bel che‘l tò (questo libro è più bello del tuo)
o) Il modo finito del verbo è preferito all’infinito:i sai ch’i scrivo mal (so di scrivere male).
p) Si adoperano spesso gli infiniti sostantivati in luogo del sostantivo: ël bate dël cheur (il battito del cuore).
q) In luogo del participio presente (che non esiste) e del gerundio, per indicare continuità di un’azione si usa l’espressione esse ‘n camin che...:
i son an camin ch’i travajo. Strachme nen! (Sto lavorando. Non mi seccare!)
r) Le interrogative accompagnate da avverbio o pronome necessitano spesso dell’uso del pronome che. Altrettanto gli avverbi e i pronomi delle frasi affermative:
chi ch’a l’é cola bela fija? (chi è quella bella ragazza?); quand ch’a riva Gioann? (quando arriva Giovanni?)